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Channel: Negoziati sul clima – CMCC
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Talanoa dialogue: i negoziati sul clima non sono più un’esclusiva dei diplomatici

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L’accordo di Parigi del 2015 ha segnato l’inizio di un nuovo ciclo per la politica sui cambiamenti climatici. Tra i numerosi nuovi meccanismi (molti dei quali ancora da definire), il crescente coinvolgimento degli attori non istituzionali nel processo decisionale è un segno distintivo del nuovo corso.

Il riconoscimento del ruolo cruciale dei “non party stakeholders”, come gli istituti di ricerca, le ONG, le agenzie internazionali, i governi locali e il settore privato, ha visto un deciso salto di qualità durante la COP23 dello scorso anno, con l’avvio del processo denominato Talanoa dialogue.

L’iniziativa UNFCCC, che prende il nome dalla parola tradizionale usata nelle isole Figi e in altre isole del Pacifico per indicare un dialogo inclusivo, partecipativo e trasparente, è lo strumento principale della revisione informale degli impegni e delle strategie nazionali per il clima, che si concluderà durante la prossima conferenza internazionale in Polonia (COP24). La revisione rappresenta una fase importante per rivedere al rialzo i piani nazionali di azione climatica, accelerare gli sforzi prima del 2020 e realizzare gli obiettivi a lungo termine dell’accordo di Parigi.

Il Talanoa Dialogue è aperto a contributi da parte della società civile, di aziende, investitori, città e regioni, per rispondere a tre domande chiave che devono guidare lo sforzo globale per affrontare il cambiamento climatico: Dove siamo? Dove vogliamo andare? Come ci arriviamo?

Gli input ricevuti attraverso un portale dedicato forniranno la base di partenza per i negoziati ministeriali alla COP24 di Katowice a dicembre.

In vista dei negoziati intermedi che si svolgono  a Bonn dal 30 aprile al 10 maggio, l’UNFCCC ha fatto un bilancio degli oltre 200 contributi e proposte inviati finora.

Secondo la prima analisi dell’UNFCCC, i contributi provenienti dalla società civile e dagli enti di ricerca rappresentano insieme la metà delle proposte ricevute. Gli input da parte di partenariati misti, coalizioni e settore privato rappresentano ciascuno il 15% circa del totale. Il restante si divide equamente tra governi locali, organizzazioni internazionali, stati e gruppi di stati parte della Convenzione, organismi delle Nazioni Unite e dell’UNFCCC.

Tra contributi inviati, un messaggio ricorrente è che la scala e la rapidità dell’azione per il clima devono aumentare drasticamente e immediatamente, se si vogliono evitare le pericolose conseguenze dei cambiamenti climatici. Le iniziative e gli sforzi attuali sono considerati insufficienti, non solo per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi, ma anche per realizzare gli impegni nazionali promessi dai singoli Paesi (i cosiddetti NDCs, Nationally Determined Contributions).

Diversi input hanno dato rilevanza ai complessi collegamenti tra vulnerabilità climatica, povertà e mancanza di sviluppo. Molti hanno sottolineato la necessità di assicurare che la transizione e le azioni necessarie a limitare i cambiamenti climatici siano attuate in modo giusto e inclusivo, tutelando i diritti umani e secondo principi di equità.

Un altro tema ricorrente è la raccomandazione di adottare un approccio più olistico che integri l’azione per il clima all’interno degli altri programmi internazionali, ad esempio l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e il Quadro di Riferimento di Sendai per la Riduzione del Rischio di Disastri (Sendai Framework). Un simile appello riguarda la necessità di una collaborazione più ampia e profonda a tutti i livelli. Ad esempio, a livello nazionale, aumentando il coordinamento tra attori pubblici e privati ​​per creare condizioni migliori per gli investimenti per il clima e l’innovazione tecnologica. A livello subnazionale, una migliore governance integrata e verticale viene vista come un fattore chiave per promuovere l’azione per il clima.

La definizione dei processi che serviranno a rendere operativo l’Accordo di Parigi presenta molte questioni delicate, prima fra tutte l’impegno di adottare un “regolamento” organico e un sistema di controllo e verifica condiviso entro la fine del 2018. Altri casi complessi riguardano la promessa dei paesi più ricchi di mettere a disposizione almeno 100 miliardi di dollari all’anno come finanziamenti per il clima entro il 2020, e il divario tra paesi “in via di sviluppo” e paesi “sviluppati”, che rimane uno scoglio non solo formale quando si tratta di definire impegni e responsabilità nell’azione per il clima.

Il processo multilaterale del Talanoa Dialogue non sarà probabilmente sufficiente a risolvere le numerose questioni in gioco, ma può aiutare a rafforzare le decisioni che dovranno essere prese. Il tempo, però, scorre veloce. Secondo i copresidenti del gruppo di lavoro incaricato di definire i dettagli operativi dell’Accordo di Parigi (Ad Hoc Working Group on the Paris Agreement, APA), “data l’ampiezza e complessità degli argomenti affrontati, dobbiamo aumentare significativamente il ritmo del lavoro “.

Per approfondire:

Portale Tanaloa Dialogue: talanoadialogue.com

Analisi UNFCCC degli input per il Tanaloa Dialogue (aprile 2018).

Sito web UNFCCC: unfccc.int

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